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GENITORI E ADOLESCENZA

Lavorando con gli adolescenti mi rendo conto che, tra le problematiche che li differenziano l’uno dall’altro, ce n’è una che accomuna moltissimi di loro: il fatto di non avere più genitori contro cui opporsi.

Erickson parlava delle varie fasi di vita che l’individuo è chiamato a risolvere, oggi sembra che non ci siano più riti di passaggio che sanciscano il susseguirsi delle varie fasi. In adolescenza, ciò che è fondamentale per la costruzione della propria identità è l’emancipazione dalle proprie figure genitoriali, cosa che crea non pochi problemi a quest’ultimi che sentono di non riconoscere più nei figli un’estensione di sé, quei bimbi che aderiscono in tutto e per tutto al loro modo di pensare e che li guardano con occhi adoranti: questa fase è in realtà di grande importanza in quanto opporsi alle figure di riferimento favorisce lo sviluppo di una propria identità, di un proprio modo di essere e di percepire il mondo.

Un tempo questo era un passaggio obbligato che permetteva di crescere ed entrare nel mondo adulto, oggi, invece, è sempre più difficile che si verifichi per tutta una serie di ragioni: nella società odierna i figli tendono ad arrivare molto più tardi rispetto al passato, tendenzialmente intorno ai 35,40 anni, questo fa si che quando questi entrano in adolescenza il genitore sia in una fase di bilanci, si rende conto di non avere più la spinta giovanile di una volta, cerca di opporsi al tempo che passa e, in una cultura basata sull’apparenza in cui si ricorre ai mezzi più svariati per evitare di invecchiare, può sentire il bisogno (più o meno inconscio) di rivivere, attraverso di lui, una seconda adolescenza : non esiste più una reale autorità genitoriale, le proprie madri e i propri padri vengono spesso visti come degli amici o dei confidenti e non rappresentano più, quindi, dei solidi punti di riferimento in grado di rappresentare una valida guida.

Durante l’infanzia i bambini condividono tutto con i propri genitori che, per questo motivo, si sentono rassicurati al pensiero di riuscire ad entrare facilmente in contatto con la vita emotiva dei propri figli, in adolescenza è giusto che le cose cambino: il bisogno dell’adolescente di cominciare a coltivare un proprio mondo interiore, avere dei piccoli segreti da proteggere e tenere per sé, sperimentare la vita attraverso le proprie esperienze custodendo gelosamente la propria intimità è assolutamente fisiologico.

Questo passaggio teso ad un sano distacco, spesso, sembra non verificarsi più, ora si condivide tutto, persino, talvolta, i racconti sulle proprie esperienze sessuali per cui i rapporti diventano estremamente invischiati, privi di giusti confini, e il processo di separazione-individuazione diventa estremamente complesso in quanto i figli, non avendo più nessuno contro cui opporsi, cercano la loro strada attraverso la trasgressione o la ribellione eccessiva.

Un’altra ragione, a mio avviso, per cui diventa molto difficile l’emancipazione è che, rispetto al passato, c’è un iperinvestimento da parte dei genitori che possono diventare a volte esageratamente protettivi : basti pensare all’istituzione scolastica che un tempo era in linea con l’autorità genitoriale e oggi è spesso succube dei comportamenti controproducenti di alcuni genitori che, invece di spingere i figli a prendersi le proprie responsabilità, si alleano con loro ogni qualvolta vengono dati voti negativi, note o sospensioni considerate ingiuste. Chiaramente, questo atteggiamento non favorisce lo sviluppo di una buona autostima ma una pericolosa dipendenza generata dalla convinzione, da parte dei figli, di non riuscire a cavarsela da soli: in questo modo è certamente molto più complicato e doloroso il passaggio all’età adulta che viene procrastinato di molti anni.

Fare il genitore è estremamente complesso, richiede molte energie e una capacità di accettare e rispettare le fasi che di volta in volta è chiamato ad affrontare, sbagliare è assolutamente normale e i sensi di colpa non dovrebbero mai opprimere eccessivamente...ci si pongono sempre mille domande, nei momenti di crisi ci si chiede dove si stia sbagliando e spesso ci si sente frustrati e impotenti.

Quello che credo è che non si possa aderire ad un modello educativo uguale per tutti, ogni figlio è diverso e bisogna cercare di rapportarsi ad ognuno di loro sulla base della sua specifica sensibilità e personalità. Credo però che sia necessario stabilire dei confini precisi , è importante condividere e dialogare con i propri figli ma è altrettanto importante definire delle regole e porre dei limiti rimanendo fedeli al proprio ruolo educativo perché il genitore non può e non deve essere un amico ma colui in grado di indirizzare, contenere angosce e fornire gli strumenti più adatti a gestire i momenti di crisi trovando così un equilibrio tra complicità e autorevolezza: le regole e i confini, infatti, se dati con un senso e non come un’imposizione, restituiscono valore al figlio e gli permettono di avere una guida entro la quale sentirsi al sicuro e crescere meglio perché amarlo significa anche fargli capire cosa si può fare e cosa invece può risultare dannoso e distruttivo.

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